Grazia GOBBI SICA, In Loving Memory. Il cimitero agli Allori di Firenze, Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux, Studi, vol. 26, L.S. Olschki, Firenze, 2016, pp. 546, € 120
Quando il grande Totò scrisse la poesia “la livella”, mise in scena un confronto sociale fra due anime di diversa estrazione, una di un nobile e l’altra di uno spazzino. La morale finale di questa arguta e geniale poesia sta nel fatto che da morti gli umani sono davvero tutti uguali. Spariscono le cose che in vita hanno costituito una separazione, compreso la religione. In questo senso, visitare un cimitero come quello degli Allori a Firenze, ci dimostra come gente di culture e religioni, idee politiche e vissuto diversi, possano “convivere” (ossimoro involontario) in una terra libera e rispettosa: questa deve essere sembrata la cifra di una città che nell’800 è stata brevemente capitale di un nuovo regno, ma che offriva una serena, pacifica ed esteticamente, bellissima posizione nel mondo, tanto da farsi amare incondizionatamente da diverse generazioni di stranieri che approdavano dai propri grand tour o da viaggi alle origini dell’Arte, o per godere delle fermentanti idee politiche, molto spesso discusse nei salotti di amabili signore, o sui tavolini dei caffè, con i giornali satirici che infiammavano lo spirito caustico dei cittadini.
Tutto l’800 ha fatto del proprio modo di vivere una vetrina d’insegnamento attraverso l’arte cimiteriale. L’ineluttabile passaggio all’aldilà, forniva l’occasione per dimostrare le virtù dei defunti. Cosa meglio dell’arte poteva servire a questo scopo: abili scultori ed architetti, ma anche poeti che hanno saputo con brevi parole, lumeggiare i vari personaggi. Oggi che non siamo più molto credenti, i cimiteri li scansiamo per quel senso scaramantico, ormai entrato nei normali processi di assuefazione alle idiozie sociali. Si smette di far visita ai propri cari defunti, o, tutt’al più, si fa spocchia dei fiori più belli e costosi. E tutto finisce qui.
Sarebbe opportuno, invece, riscoprire quanta gente dei cimiteri abbia vissuto in modo semplice ma ben delineato, il proprio tempo e così facendo ritrovare la giusta dimensione del vivere.
Il volume edito da Olschki, scritto da Grazia Gobbi Sica sul cimitero degli Allori, è un lavoro minuzioso, dettagliato, preciso denso di notizie, per la quantità di informazioni sui personaggi sepolti, sugli artisti operanti, e sul tessuto storico che inevitabilmente si analizza studiando questo argomento. Un’opera che approfondisce non solo gli aspetti storico-artistici, ma che diventa uno studio di sociologia di un’epoca, offrendo spunti di riflessione su mondi e culture parallele a quelle di un piccolo regno, ambizioso di essere parificato agli altri.
E comunque, resta inteso che questo “parco delle memorie” va visitato e percorso, col piacere della scoperta: c’è nell’aria un’atmosfera di altri tempi, che induce a soffermarsi, a leggerne le lapidi, a gustare le luci ed i colori di una natura piegata a questo scopo con mirabili effetti speciali.
Per la cronaca, molti dei nomi dei sepolti ci riportano al nostro risorgimento, esempio ulteriore di quanto trasversale sia stato questo fenomeno, che ha saputo coinvolgere anche realtà all’apparenza estranee, ma molto più vicine al nostro stesso sentimento di unità.